Una dieta per i reni
Un ruolo fondamentale per alleggerire il lavoro dei reni è svolto dall’alimentazione, che rappresenta la più importante forma di prevenzione per mantenere o raggiungere gli obiettivi indicati dalla Società Italiana di Nefrologia. Un modello alimentare basato sulla dieta mediterranea dovrebbe permette di raggiungere 4 obiettivi utili a chiunque abbia un problema di insufficienza renale: a) un peso adeguato; b) un ridotto apporto di sodio (sale), per tenere sotto controllo la pressione arteriosa; c) un’assunzione limitata di proteine (ed, eventualmente, di altre sostanze come fosforo e potassio); d) dei valori di colesterolo, trigliceridi e glicemia nei limiti. La cosa più difficile da fare è ridurre e distribuire le proteine senza sbilanciare il fabbisogno generale di nutrienti. Una buona distribuzione delle proteine nel corso della giornata potrebbe essere questa: 3-4 g a colazione e altrettante negli spuntini; 10-15 g a pranzo, 25-30 g a cena; con questa ripartizione si oscillerebbe dai 40 ai 50 g di proteine giornaliere; per una persona che abbia circa 70 kg di peso ideale significa 0,6 – 0,7 g di proteine per chilo, un intervallo che riesce a proteggere i reni dall’apporto eccessivo di proteine senza creare malnutrizione o carenze nutritive.
Vediamo un possibile schema giornaliero. La colazione è un pasto fondamentale, dopo il digiuno notturno, e può consistere in un’abbondante tazza di té – senza zucchero – con fette biscottate e marmellata. Dopo lo spuntino con una porzione di frutta fresca, è preferibile un pranzo con verdure e un primo piatto. Le calorie del pasto serale dovrebbero sempre essere minori del pranzo; conviene, pertanto, non saltare lo spuntino pomeridiano con frutta fresca o secca. La cena potrebbe essere composta da uno o due piatti di verdure, pane integrale o patate e una porzione ridotta di secondo; per i condimenti solo olio d’oliva. Un importante aspetto della dieta riguarda la presenza nei cibi proteici degli aminoacidi liberi, i costituenti delle proteine. In alcuni alimenti – come nei prosciutti – le prolungate stagionature trasformano in aminoacidi una parte della quota proteica con due importanti benefici: da un lato una migliore digeribilità, dall’altro un minor lavoro dei reni per trasformare le proteine.
In definitiva, un modello alimentare con ridotto apporto proteico è tutt’altro che proibitivo e non richiede particolari restrizioni: bisogna, soprattutto, evitare le inutili e dannose abbuffate di secondi proteici che non danneggiano solo i reni, ma comportano anche nel lungo termine problemi al fegato e tendenza all’aumento di peso (che a sua volta ha effetti negativi sull’insufficienza renale). Infatti, quello che molti non sanno è che 50 g di proteine e 50 g di carboidrati hanno le stesse calorie e che, quando superiamo la quota di proteine necessarie all’organismo, le proteine in eccesso vengono facilmente trasformate in energia. La conferma di questo meccanismo viene dallo studio pubblicato a gennaio del New England Journal of Medicine: nel Paese con la massima diffusione di diete iperproteiche, gli Stati Uniti, tra 10 anni il 50% della popolazione sarà obesa (nella foto manifesto della Giornata Mondiale del Rene 2018) (fine).
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Nutrizionista Dott. Daniele Segnini
Sono laureato in Scienze biologiche (110/110 e lode) all’università La Sapienza di Roma e sono iscritto all’Ordine Nazionale dei Biologi (n. 050515). Faccio parte dell’Associazione Biologi Nutrizionisti Italiani (ABNI), di Slow Food e dell’Associazione di Medicina e Sanità Sistemica (ASSIMSS); dal 2007 scrivo un blog di divulgazione scientifica su alimentazione, antropologia, biologia, dipendenze, ecologia, invecchiamento, salute, sessualità e sport (www.danielesegnini.it) Sono allenatore FIPAV di pallavolo e faccio parte dell’Albo d’oro dei Nutrizionisti Italiani.
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