In Italia le persone con più di 75 anni  – la terza età – sono l’unica classe di età a rischio di malnutrizione, con valori tra il 5-10% per chi vive a casa che salgono al 20-50% in ospedale e al 30-60% nelle case di riposo.

L’aumento della durata della longevità umana nel corso della storia recente è stato spettacolare. Diversi fattori hanno contribuito, soprattutto di ordine socio-economico e igienico. Possiamo citare la migliore distribuzione del reddito e il conseguente aumento della scolarizzazione; il miglioramento delle condizioni igieniche che ha portato all’abbattimento della mortalità infantile; in campo medico-sanitario lo sviluppo di vaccini – nel campo della sanità preventiva – è stato sicuramente più decisivo dei nuovi farmaci entrati in uso a partire dagli anni ’30 del 900. Secondo molti, però, il vero fattore decisivo è stata la possibilità di un’adeguata nutrizione – per la prima volta nella storia – di larghe fasce di popolazione. Un’alimentazione equilibrata può, infatti, assicurare una buona qualità della vita, può ritardare l’invecchiamento e permette di evitare e curare alcune malattie proprie della vecchiaia.

Per molti anziani alimentarsi, però, può essere un problema. Fattori socio-economici, preferenze alimentari e abitudini familiari, precetti culturali e religiosi, più lo stato di salute generale, influenzano l’alimentazione in ogni fase della vita e in modo particolare in questa fascia d’età. Tra le tante cause che riducono la scelta alimentare, nella terza sono abbastanza frequenti i pregiudizi nei confronti di alimenti importanti come frutta e verdure, legumi, carni e pesce. Un altro problema è rappresentato dalla difficoltà di masticazione, legata a parziale o totale assenza di denti (edentulia) con il conseguente rifiuto dei cibi duri e la preferenza per quelli morbidi o comunque tritati. Spesso i sensi del gusto e dell’olfatto si riducono, mentre l’apparato digerente è meno efficiente nell’assorbimento dei nutrienti. Il rischio maggiore per tutte le persone in questa fascia di età è quello di mangiare in modo monotono e squilibrato. La più importante carenza degli anziani è quella legata al basso consumo di proteine; in questo caso è meglio concentrare le proteine in un solo pasto, alternando pescato e legumi, carni bianche e frutta a guscio, latte e yogurt. Un’altra carenza nutrizionale piuttosto comune è legata al deficit di calcio e di vitamina D – per ridotta sintesi a livello dell’epidermide, minor assorbimento intestinale, scarsa esposizione al sole o uso di farmaci antiepilettici – con conseguente osteoporosi. Un ridotto apporto di fibre con i vegetali può dare stitichezza, mentre la carenze di ferro, per scarsi consumi di prodotti animali, è causa frequente di anemie. Il grande numero di farmaci (poli-farmacoterapia) che molti anziani assume, infine, oltre a diversi effetti avversi, può causare deficit di diversi micronutrienti.

Ricordiamo in conclusione un importante studio che ha seguito per 12 anni – dal 1988-2000 – un gruppo di persone nella fascia 70-90 anni. I risultati pubblicato su JAMA (2004) hanno riportato una riduzione della mortalità legata del 35% rinunciando al fumo, del 22% riducendo l’alcol, del 37% aumentando l’attività fisica, del 23% seguendo un’alimentazione basata sulla dieta mediterranea (nella foto: Il banchetto degli dei di Giulio Romano, 1532-35) (10-2015)