Di cibo e di diete si parla sempre di più, sui social-networks, nella carta stampata, in televisione. Purtroppo, se ne parla male, con persone che urlano e ribadiscono le loro ferree convinzioni, lasciando poco spazio ad altre posizioniDa un lato imperversa la tribù dei tuttologi, con personaggi che si inventano esperti nutrizionisti senza il minimo supporto di studi o ricerche che supportino le loro affermazioni. L’altro gruppo è la tribù dei fondamentalisti del cibo, per i quali le scelte alimentari sono scelte identitarie, in base alle quali giudicare e condannare senza appello gli “impuri”.  Si fa davvero fatica a ricordare che i grandi studi, su ampi campioni di popolazioni e per un arco abbastanza ampio di tempo, sono l’unico strumento che abbiamo per valutare rischi e benefici dei singoli alimenti, dei modelli di alimentazione, degli stili di vita. Se ci basassimo sugli studi importanti – dal Seven Countries degli anni ’50 al recente EPIC – potremmo ridurre l’attuale preoccupante dilagare di diete “senza”, ossia diete prive di intere classi di alimenti, come le diete senza glutine, sempre più diffuse tra persone senza diagnosi di celiachia, o le diete senza carboidrati, miraggio di chi deve perdere peso. Milioni di persone ad esempio, ancora seguono la dieta Dukan e altri regimi iperproteici, squilibrati e dannosi per fegato e reni, ampiamente sconfessati dalla maggior parte dei nutrizionisti. Chi si occupa seriamente di alimentazione sa quanto sia difficile studiare i singoli alimenti, veri e propri mosaici con centinaia di componenti molecolari, a loro volta fortemente variabili in base al terreno di coltivazione, ai trattamenti e a tutti i passaggi della filiera. In un limone, in una banana, in un uovo ci sono decine e decine di composti diversi; nel frumento ci sono una grande quantità di molecole, tra cui zuccheri semplici, zuccheri complessi, proteine, lipidi, vitamine, sali minerali. Quante persone in questo momento stanno rinunciando a tutti i prodotti del grano per una presunta “intolleranza” ad una pianta? Tutti cercano i  colpevoli dei malesseri e delle malattie della modernità. Si mettono così al bando singoli alimenti, ritenuti responsabili di obesità e diabete, cancro e disturbi cardiovascolari. Il modello mediterraneo, o dieta mediterranea, diversamente da tutti gli altri modelli alimentari, non è un regime restrittivo, ma uno stile di vita – basato su enormi evidenze scientifiche – in cui rientrano alimentazione e attività fisica, cucina e convivialità. Si mangia di tutto, privilegiando alcuni cibi (più protettivi) e limitandone altri. Si dà più spazio a verdure e frutta, cereali integrali, legumi e semi, olio d’oliva e pescato; ma non mancano latticini e formaggi, uova, insaccati e carni magre, dolci tradizionali. L’importante è che tutti gli alimenti siano di origine controllata, che ci sia una loro rotazione costante e che le quantità consumate siano adeguate alle esigenze di ciascuno.  A conferma di ciò, uno studio recentissimo pubblicato da Science ha dimostrato che il metabolismo non diminuisce con l’età, ma con le abitudini che si prendono, ovvero con lo stile di vita. La formula miracolosa per invecchiare in forma? Quella appena vista del modello mediterraneo: cibo sano, acqua a sufficienza, buona qualità del sonno e tutti i giorni un po’ di attività fisica, sia leggera che intensa (nella foto “Due giovani greci fanno combattere due galli”, di Jean-Leon Gerome, 1846)