Dieta mediterranea
Tutti parlano della dieta mediterranea, ma pochi conoscono la storia millenaria di questo modello di vita e i suoi benefici per la salute. Una corretta alimentazione, peraltro, è sempre stata considerata indispensabile nella prevenzione di molte malattie. Per prima cosa va precisato che il termine greco “dieta” non fa riferimento al cibo, come nell’uso restrittivo di oggi, ma va tradotto e inteso nel senso ampio di “regola di vita”. In Italia e nei paesi industrializzati ci si ammala e si riduce la qualità della nostra vita, soprattutto per i tumori e le malattie cardiovascolari. Sarebbe possibile ridurre l’incidenza di molte comuni malattie semplicemente agendo sulla dieta: un aumento generalizzato nel consumo di alcune vitamine (A e C in particolare) e delle fibre – contenute in abbondanza nei prodotti vegetali freschi e integrali – costituirebbe, ad esempio, un eccellente fattore protettivo contro i tumori dello stomaco e dell’intestino. Ridurre il consumo dei grassi saturi rappresenterebbe la più efficace – e la più economica – forma di prevenzione nel campo delle malattie cardiovascolari. Cereali e legumi, frutta e ortaggi, olio di oliva e prodotti della pesca erano gli alimenti prevalentemente consumati dagli Italiani – nel Mezzogiorno in particolare – intorno agli anni ’50. Questo modo di nutrirsi è sicuramente un nostro patrimonio, in quanto siamo a tutti gli effetti un Paese mediterraneo, ma era diffuso anche in altre popolazioni; il grande biologo e nutrizionista statunitense Ancel Keys – inventore della famosa “razione K” dei soldati nordamericani – coniando il termine “dieta mediterranea” si riferiva soprattutto alla tradizionale alimentazione dei contadini dell’isola di Creta; la Grecia, infatti, era risultato il Paese con la più bassa percentuale di malattie cardiovascolari in un famoso studio multinazionale degli anni ’60 chiamato Seven Countries study; la popolazione rurale cretese mangiava soprattutto verdura fresca, uva e fichi, olio extravergine d’oliva e la feta (il classico formaggio greco che contiene poco lattosio), pane integrale, uova e pollame, pesce e vino rosso. Non sembra difficile vedere quanto oggi stiamo andando agli antipodi di quella alimentazione che proteggeva – e proteggerebbe ancora oggi – dalle più importanti malattie cronico–degenerative, in particolare dal diabete, dai disturbi cardiovascolari e da molti tumori. Con questo schema alimentare – secondo recenti studi – sembra esservi anche una protezione rispetto alla depressionee alle due patologie sempre più diffuse nell’età avanzata, il morbo di Parkinson e l’Alzheimer. A partire dagli anni ’60 i nostri modelli alimentari (per lo più importati da USA e Nord Europa) si sono sempre più caratterizzati per il largo consumo di carni e grassi animali, di cibi sbilanciati per l’eccessivo contenuto di zucchero, sale e grassi. Il risultato è che oggi le nostre abitudini alimentari non sono molto diverse da quelle degli altri paesi industrializzati: troppe calorie e poche vitamine, troppo sale e poche fibre. In altri termini, ci alimentiamo troppo e male. Il cibo costa sempre meno, soprattutto quello scadente, ma quel poco che risparmiamo nella spesa finisce – con gli interessi – in medicine. Non c’è davvero da essere soddisfatti, dato che – come ha scritto 150 anni fa il grande filosofo tedesco Ludwig Feuerbach – “L’uomo è ciò che mangia”. (9-2013)
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Nutrizionista Dott. Daniele Segnini
Sono laureato in Scienze biologiche (110/110 e lode) all’università La Sapienza di Roma e sono iscritto all’Ordine Nazionale dei Biologi (n. 050515). Faccio parte dell’Associazione Biologi Nutrizionisti Italiani (ABNI), di Slow Food e dell’Associazione di Medicina e Sanità Sistemica (ASSIMSS); dal 2007 scrivo un blog di divulgazione scientifica su alimentazione, antropologia, biologia, dipendenze, ecologia, invecchiamento, salute, sessualità e sport (www.danielesegnini.it) Sono allenatore FIPAV di pallavolo e faccio parte dell’Albo d’oro dei Nutrizionisti Italiani.
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