Cucina e civiltà. Oggi parlare di cucina è diventato di moda. Nonostante i limiti evidenti dei troppi programmi dedicati al tema, va apprezzato il fatto che il tema della cucina – emarginato negli anni scorsi – è tornato all’attenzione del grande pubblico.Diciamo subito che cucinare, scegliere di prepararsi quotidianamente il cibo può essere una potente arma politica. Quando facciamo la spesa per cucinare i piatti della tradizione mediterranea, infatti possiamo favorire lagricoltura biologica rispetto alle coltivazioni industriali, sempre più dipendenti da prodotti chimici. Possiamo altresì sostenere i piccoli agricoltori locali contro le multinazionali agro-alimentari del cibo standardizzato, con lo stesso sapore di plastica in ogni parte del mondo.

Saper cucinare è, inoltre, efficace strumento di salute. Non è mai possibile mangiare bene e sano, nel lungo periodo, utilizzando cibi già preparati. L’attuale pandemia di obesità e sovrappeso che dagli Stati Uniti si è diffusa – come una malattia infettiva – all’America latina, ai Paesi arabi, all’Oceania e a Paesi anglofoni – come Inghilterra e Irlanda – è principalmente legata alla massiccia e capillare diffusione di catene di fast-food e di supermercati che sembrano offrire sostituti e valide alternative a ciò che potremmo cucinare a casa. In realtà, offrono solo combinazioni alimentari squilibrate con eccessi di calorie, proteine, zuccheri e sale. Quattro eccessi, ma due grandi assenti: il gusto e valori nutrizionali.

Il terzo motivo per cucinare è – a mio avviso – il più valido ed è quello filosofico. A partire dal Convivio di Platone, la tavola – la tavola cucinata – è stata la culla della democrazia, in quanto luogo che naturalmente predispone allo scambio, al confronto e al conflitto (che è, comunque, una forma di relazione). Non dovremmo mai sottovalutare il valore dello stare a tavola. Se siamo genitori, dovremmo insegnare ai nostri figli il piacere e l’importanza di un pasto insieme, e l’attenzione a ciò che mangiamo e a chi ce l’ha preparato. Senza schermi, senza la fretta di finire e alzarsi, ricordando che è a tavola che siamo diventati una specie civile: “Non ci siede per mangiare, ma per mangiare insieme” (Plutarco) (7-2015)