Allergie alimentari e reazioni avverse al cibo sembrano essere sempre più diffuse. Il cibo che quotidianamente mangiamo, infatti, può avere conseguenze spiacevoli in alcune persone; in medicina si parla di reazioni avverse al cibo, distinguendo tra allergie e intolleranze alimentari. La parola allergia deriva dal greco allos, diverso: nelle reazioni allergiche, infatti, ogni persona reagisce in modo diverso, con sintomi più o meno gravi, dall’orticaria allo shock anafilattico. Un italiano su cinque (il 20%) pensa di avere allergie o intolleranze alimentari; in realtà, le allergie effettivamente diagnosticate riguardano il 3-4% della popolazione adulta; la frequenza delle allergie è maggiore nei primi tre anni di vita (6-8%), ma fortunatamente solo il 15 % dei bambini allergici mantiene l’allergia anche in età adulta. La diffusione delle diverse reazioni avverse al cibo sono legate alle abitudini alimentari regionali. In Italia le più comuni sono nei confronti di latte, grano e uova; negli Stati Uniti riguardano le arachidi, nei paesi scandinavi il pesce. Anche se in teoria le reazioni allergiche possono avvenire contro qualsiasi cibo, il 90% delle allergie alimentari in Italia sono rivolte verso pochi alimenti: latte e uova, grano nei bambini, pesci, crostacei, molluschi, frutta secca e fresca negli adulti. Dal punto di vista biologico possiamo definire le allergie delle risposte eccessive del sistema immunitario nei confronti di proteine – dette allergeni – innocue per la popolazione in generale; le allergie sono sempre reazioni dose-indipendenti, dato che è sufficiente una quantità minima dell’allergene proteico per scatenare la reazione allergica (vedremo che il discorso cambia completamente con le intolleranze). Nelle reazioni allergiche sono coinvolte un gruppo di immunoglobuline (dette IgE), anticorpi specifici della reazione allergica che reagiscono con gli allergeni dando inizio ai sintomi. I sintomi dell’allergia si possono presentare 2 o 3 minuti dopo l’assunzione dell’alimento o in tempi più lunghi (dai 30 ai 120 minuti); in molti casi i sintomi sono lievi, limitandosi a prurito e maculo-papule a del cavo orale; nei casi più gravi può presentarsi l’anafilassi, una reazione sistemica grave con possibile rischio per la vita; altri sintomi caratteristici sono: rossori e gonfiori cutanei improvvisi, orticaria, gonfiore di labbra, viso o gola, nausea, vomito, crampi, diarrea, respiro sibilante, vertigini, cali di pressione (ipotensione), anche con perdita improvvisa di coscienza.  Un importante aspetto protettivo nei confronti delle allergie è legato all’allattamento materno. L’allattamento esclusivo al seno nei primi 6 mesi di vita presenta molti vantaggi sia per il bambino sia per la mamma, di tipo nutrizionale, ma anche di tipo immunitario, In particolare protegge il bambino allattato da infezioni respiratorie e asma e riduce il rischio di sviluppare allergie. Per identificare le allergie alimentari abbiano tre test: i test cutanei (Prick test), prelievi del sangue che misurano la presenza di anticorpi specifici per gli alimenti (RAST) e test di stimolo con alimenti, da effettuare solo in ambiente ospedaliero. Abbiamo visto che le allergie sono legate a particolari proteine presenti nei cibi; le stesse proteine sono a volte presenti anche nei pollini di alcune piante. Si parla allora di reazione allergiche crociate: chi è allergico al polline di betulla dovrebbe escludere anche mele e nocciole che hanno proteine uguali; in realtà, solo una parte delle persone allergiche al polline di betulla ha anche allergia a mele e nocciole. Dato che l’allergia è una condizione che rimane per tutta la vita, conviene valutare caso per caso le possibili reazioni crociate; in caso contrario, si limitano molto le scelte alimentari, senza reali vantaggi. (6-2019)