Adolescenza e alimentazione, una sfida impegnativa per chi fa il nostro lavoro. L’adolescenza, infatti, è il periodo più difficile della vita di ciascuno, essendo il periodo del cambiamento. Le trasformazioni possono presentare aspetti ambivalenti: da un lato sono opportunità di crescita e miglioramento, dall’altro sono fonte di grande paura e incertezza. La paura di non piacere – al gruppo dei pari età, in particolare – e la paura di non piacersi fa diventare il corpo degli adolescenti una specie di materiale plastico da manipolare e trasformare. I giovani cambiano il loro aspetto e il loro corpo con l’abbigliamento e con l’attività fisica, con il piercing e con i tatuaggi, e – sempre più spesso – con l’alimentazione eccessiva o ridotta. In questa fase della vita nutrirsi ha sempre un valore che va oltre l’aspetto biologico: il cibo si carica di tanti significati, legati soprattutto alle relazioni con la famiglia e con i coetanei. Lavorare con i giovani senza tener conto di questi aspetti non permette di fare alcun cambiamento sugli stili di vita e sull’alimentazione, le uniche due leve di cui noi nutrizionisti disponiamo per favorire il raggiungimento degli obiettivi richiesti. Ai giovani che arrivano allo studio andrebbe chiesto, in primo luogo, di aumentare la spesa energetica, nei modi e nelle forme che per loro sono possibili. La sedentarietà nell’adolescenza presenta numeri impressionanti: i giovani di età compresa tra 11 e 17 anni che fanno poca attività fisica rappresentano circa l’80% a livello mondiale (dati OMS del 2016). I vantaggi di una corretta attività motoria sono notevoli. Oltre a prevenire numerose patologie delle decadi successive (in primis, diabete, malattie cardiovascolari e tumori), il movimento migliora la salute cardiocircolatoria e quella muscolare, riduce il rischio di depressione, rinforza le ossa (diminuendo il rischio di fratture) e, soprattutto, aiuta a mantenere il peso forma. Dopo l’invito ad una vita più attiva, il secondo intervento dovrebbe essere centrato sulla limitazione, piuttosto che sul divieto assoluto, di molti alimenti particolarmente ricchi di zuccheri, grassi o sale. Nei rapporti presentati annualmente dall’associazione Save the Children sugli stili di vita dei ragazzi italiani emerge che spesso viene saltata la prima colazione, si mangia poca frutta e verdura, poco pescato e pochi legumi, molti affettati e salumi, molti dolci, prevalentemente pane e pasta a pranzo e a cena. Molti mangiano fuori casa con gli amici, dando la preferenza – anche per ragioni economiche – ai fast-food, altri utilizzano il cibo pronto del take away per mangiare da soli davanti a uno schermo. Il terzo aspetto importante del rapporto con gli adolescenti è la stimolazione della loro curiosità alimentare; il nutrizionista dovrebbe sempre cercare di allargare la gamma di ciò che si mangia, favorendo la scoperta di gusti e sapori nuovi. Chi mangia male – per quantità e/o per qualità – in genere mangia sempre le stesse cose. In questo senso possono essere molto utili i modelli alimentari dei familiari, soprattutto dei genitori. Delle regole familiari sane, la presenza costante di vegetali, legumi e pesce a tavola, la scelta e la preparazione comune dei piatti a casa possono aiutare gli adolescenti a mangiare meglio e a fare scelte alimentari più consapevoli (nella foto Lucas Cranach il Vecchio – La fontana della gioventù, 1546) (4-2017)